lunedì, dicembre 20, 2010

Sweet Relief #2: Hearts on Fire.

Ne avevamo parlato con Jeremy Morris, della label del Michigan Jam Records, in maggio nei camerini del Cavern, e adesso è uscito il secondo capitolo della compilation Sweet Relief.
Nella tracklist c'è la nostra (she's an) Animal, insieme a brani di Nigel Clark (il cantante dei Dodgy), Nelson Bragg (batterista percussionista di BRIAN WILSON), Primary 5 di Paul Quinn (uno degli originali Teenage Fanclub), Grip Weeds (i nuovi numeri uno del garage a stelle e strisce, parola di Little Steven), i grandissimi the Records, i DM3 di Dom Mariani, una nuova canzone di Jeremy Morris (che oltre ad essere il capo della Jam è anche il Re del Jangle pop), Lolas, Shamble, Greg Pop, Cosmic Rough Riders (!!!) e altri grandi ancora.
Sweet Relief era stata giudicata come una delle migliori powerpop compi di sempre, speriamo altrettanto del seguito.
Oltretutto gli incassi andranno a fondi di beneficenza per aiutare le vittime di disastri, dall'uragano Katrina al disastro BP in Louisiana.

www.jamrecordings.com

lunedì, novembre 15, 2010

giovedì, novembre 11, 2010

A walk down memory lane...

Domenica 25 maggio 2008. Stava finendo il nostro ultimo concerto (tre in meno di un giorno) della nostra prima spedizione a Liverpool. Cantavo le ultime parole della canzone e pensavo, "cazzo, chissà come la prendono". C'era molta gente in sala (e che sala!) e noi eravamo lì, banda italiana un po' così, con la nostra versione deragliata e infedele del classico di Otis, ripreso da tutte le super band britanniche, dagli Stones in giù...



...quella piccola ovazione finale è uno degli highlights della mia vita.
Scusate il "Momento Minoli", non succederà più.

mercoledì, ottobre 13, 2010

Da "Libertà", resoconto del concerto al Baciccia!




Grazie 1000 a Pietro Corvi, agli Smash n'Grab, A Tony e ai convenuti! E ora un po' di foto (grazie a Claudia Ferrari!)

giovedì, settembre 16, 2010

Le Tre Stimmate del Sgt. Pepper - Philip Dick, i Beatles e l’acido. E se per caso incontrate Dio, cercate di fare finta di niente.


Una sera sul finire del 1966 il telefono di Philip Dick prese a squillare, e quando lo scrittore alzò la cornetta si trovò a parlare con Timothy Leary, che lo chiamava da una camera d’albergo in Canada, dove si trovava in compagnia di John Lennon.
“I due uomini, completamente fuori testa, avevano appena letto “Le tre Stimmate di Palmer Eldritch” e non stavano più nella pelle dall’entusiasmo. “Era questo! Esattamente questo!” singhiozzava Lennon strisciando sulla moquette. E parlava già di farne un film, il film psichedelico, che avrebbe fatto da pendant all’album che i Beatles stavano preparando: Seargent Pepper’s Lonely Hearts Club Band. […] Quando l’album uscì l’anno seguente, ne riconobbe il titolo, come pure quello di una canzone a gloria dell’acido di cui Lennon gli aveva parlato: Lucy in the sky with Diamonds.” (da “Io sono vivo e voi siete morti – Phillip K. Dick 1928-1982. Una biografiaEmmanuel Carrère, 1994 ed. Theoria)

Un parallelo del sottoscritto tra le 2 opere psichedeliche per eccellenza, partendo dall'avvenuto contatto tra autori stessi, con infilata dentro la prospettiva storica degli anni '60 delle quali sono le figlie più degeneri e rappresentative. Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band e Le Tre Stimmate di Palmer Eldritch. Un viaggio allucinante in 2 mondi allucinanti. Più la nostra realtà che di tanto in tanto, misteriosamente, sembra vacillare...
Leggi l'articolo su Retrophobic.com, la WebMagazine più bella che c'è!

giovedì, agosto 05, 2010

Sesso, Droga e Berlinguer.

Periodo di ferie, quindi si torna a lavorare sul serio! E su più fronti, infatti sto scrivendo un racconto (che ancora non si sa se possa diventare un romanzetto) intitolato "Il Compagno venuto dall'aldilà", ovvero cosa succede se un genio della cibernetica e un mago della genetica riportano in vita Enrico Berlinguer più o meno ai giorni nostri? Chiramente siamo in piena sci-fi con tutto il doveroso corollario di asinerie pseudo scientifiche, basi antartiche piene di contrabbandieri di DNA, impianti neurali di allarme difettosi, centri para-governativi di poteri occulti, sesso, droga e Berlinguer.Vi terrò informati.
E i Temponauts! Periodo caldo con canzoni a badilate, idee niente male e stesura dei testi definitivi.
Oltre alle già pluricitate I need understanding, while you were sleeping e the Couch on the abyss, stiamo terminando le rifiniture per il nucleo del disco: una canzoncina che s'intitolerà Elsewhere e che non vedo l'ora di farvi sentire.
Anche una notizia: the Return of Josie Wales, canzone di chiusura di A million Year Picnic, sarà inserità nel nuovo cortometraggio del regista torinese Paolo Bertino.


martedì, luglio 13, 2010

Warm Morning - "Too Far From The Stars" aka "cari folksters, indiepoppers e cantautorucoli da figa, questi 2 qui vi fanno un culo che non finisce più"


I primi passi nel 2002, nel 2007 fanno uscire per Shelflife il combinato EP + CD "Silver Rain" e il mese scorso è uscito Per Universal Records / Shiny Happy Records (label Filippina una e Indonesiana l'altra) il nuovissimo "Too Far From The Star", che è un disco a dir poco splendido.
"...Nessuno è in grado di maneggiare arrangiamenti e “gusto” primi 70s come loro: i Warm Morning sono completamente autonomi e calati nella realtà che è stata di Burt Bacharach, di Dennis Wilson, di Scott Walker, di Lennon, di Lee Hazlewood, e più recentemente di Divine Comedy e Kings Of Convenience. Questi nomi servono per farsi un'idea della “connotazione” dei fratelli acustici, che in questo album giocano con armonie solari e si fanno accompagnare da archi, piano, banjo, ukulele e mellotron: una vera e propria “orchestrina” come si faceva nel passato, per “fare” un disco, non produrlo..."
Dalla recensione su Retrohobic.com (leggila tutta qui).


Io l'ho ascoltato diverso tempo fa in anteprima perchè Simone Modicamore, metà dei Warm Morning, è il chitarrista dei Temponauts. E Andrea, fratello di Simone, l'altra metà dei Warm Morning è quello che suona l'armonica in "Operation: Coroner", su A Million Year Picnic, per esempio.
A me ha fatto un effetto pazzesco, tipo Brian & Dennis Wilson contro il Lennon 70's, con dietro i Buffalo Springfield a sostenere tutto...da asoltare e riascoltare e poi ancora, e ancora...

Vabè, questi due sono grandissimi, andateveli a sentire qui e fatevi un piacere: ordinate subito il disco. Qui.
(...che non ve ne pentirete, state certi, questa è roba da seria A, anche gli ascoltatori più sgamati e sofisticati rimarranno a bocca aperta!)

lunedì, luglio 12, 2010

"Dani Jarque siempre con nosotros"

Il mondiale è finito, con una partita brutta e un gesto bellissimo.
Che ragazzo Iniesta, che ha dedicato il gol più importante della sua vita al suo amico Dani Jarque, lo sfortunato capitano dell'Espanyol, morto proprio un anno fa.

Che mondiale del cazzo. La Germania sembrava il Brasile, l'Olanda sembrava l'Uruguay, l'Italia sembrava la Borgonovese, la Francia il Pontecurone, Il Brasile sembrava la DDR, L'Uruguay con un portiere vero chissà, e la Spagna, gli odiosi primi della classe, alla fine hanno vinto. Solo l'Inghilterra è rimasta inguardabilmente fedele a sè stessa.
Uniche consolazioni: il Brasile non ha preso la sesta stella, i tedeschi (sempre più insopportabili, con le loro tirate anti-italiane) non hanno preso la quarta (e stanno dietro, se li avessimo incontrati, anche da questa nazionale dell'ACR le avrebbero prese), e i francesi sono riuciti nel miracolo di far peggio di noi (ma anche qui è da vedere, almeno loro si sono accorti di avere in panchina un demente e si sono ribellati, perchè ad un certo punto i francesi si ribellano giustamente, LORO!)
Bon, fine del mondiale.

venerdì, luglio 09, 2010

2+2=5. Ci siamo.

Secondo me al concetto di libertà bisogna applicare le leggi dell'ineluttabile: un numero è pari o dispari, se diciamo che "l'informazione è abbastanza libera" è come riferirsi al numero 3 e dire che "è abbastanza dispari". O è pari o è dispari, o si è liberi o si è fottuti.

domenica, luglio 04, 2010

Obdulio Varela, il Maracanaço e l'Uruguay campione del mondo 1950.

Visto che è resuscitato il blog, ecco resuscitata anche l'unica rubrica mai apparsa qui:
Per la serie "gli uomini del pericoloso forse": Obdulio Varela.

Quando l’arbitro Reader fischiò la fine il clima era surreale. Sugli spalti decine di persone vennero colte da infarto (almeno 10 morirono) e il suono delle ambulanze accompagnò il pianto degli affranti e increduli giocatori brasiliani. Persino gli uruguaiani sembravano non realizzare quello che stava accadendo. Le autorità brasiliane scomparvero dal palco della premiazione, lasciando il solo Jules Rimet a premiare i Celesti. Lo stesso Rimet pareva imbarazzato: allorché il capitano uruguaiano Varela gli si avvicinò, il presidente della FIFA si limitò a consegnargli la coppa, senza dire una parola...



E' il 16 luglio del 1950, il Maracanà, il nuovo stadio di Rio de Janeiro costruito e progettato proprio per celebrare il trionfo del Brasile, è straboccante di 200.000 persone urlanti e festanti perchè Friaca ha appena segnato l' 1 a 0 della squadra di casa sull'Uruguay.
Obdulio Jacinto Muiños Varela, detto "El Negro Jefe" ha 33 anni, gioca col numero 5, è un ex centrocampista riadattato prima a centrale difensivo, poi a libero. E' povero, appena sufficiente nei fondamentali, ed ha tutto per essere la vittima designata del destino.

All'ingresso in campo delle squadre aveva richiamato i giocatori della Celeste "Non guardate le tribune! Quelli non giocano, la partita è qui sotto", e quando l'arbitro avvicina i due capitani per il lancio della moneta per palla/campo Varela lo ferma e lascia la scelta ai Brasiliani. Gli aveva detto: "Signor arbitro, lasci al Brasile la consolazione di scegliere. Perché saremo noi i campioni del mondo".
Ora Varela va in fondo al sacco a recuperare la palla, protesta con l'arbitro per un fuorigioco e si avvia verso il centrocampo guardando negli occhi i giocatori in maglia bianca (che il Brasile vestiva abitualmente, almeno fino a quella notte), chiede un interprete, polemizza col segnalinee e dopo 3 minuti buoni poggia il pallone sul disco di centrocampo. Nel frattempo 200 mila persone lo insultano senza sosta e i giocatori del Brasile si innervosiscono. Si gira verso Schiaffino (che nell'intervallo aveva preso a schiaffi perchè lo aveva visto demotivato) e gli dice: Questa partita la vinciamo noi. E al ventunesimo del secondo tempo La Celeste pareggia. Varela passa a Ghiggia, largo sulla destra, Ghiggia crossa al centro per Schiaffino, che è libero ed ha anche il tempo per prendere la mira: gran botta e il portiere brasiliano Barbosa è fulminato. E' l'1 a 1. Il Brasile è ancora campione, gli basta un pareggio. Ma come ebbe a dire un giorno Omar Míguez (centravanti del Penarol e della nazionale) «Quel giorno era scritto che dovessimo vincere noi, non temevamo né Dio né demonio. Se Máspoli avesse giocato da centravanti avrebbe segnato due gol, e se in porta avessi giocato io, avrei parato due rigori».
E infatti al trentaquattresimo avviene il miracolo: Ghiggia triangola a centrocampo con Julio Perez, che lo rilancia largo sulla destra. In mezzo all'area accorrono Minguez e Schiaffino, e Barbosa fa un passo verso di loro. Il terzino destro del Brasile gli si avvicina per coprire il cross, Ghiggia chiude gli occhi e tira la botta. E' il 2 a 1 che si insacca sul primo palo del portiere e va a colpire la bamboletta portafortuna che Barbosa tiene in fondo alla sua porta. Cala il silenzio più assordante della storia del Brasile, Ghiggia ebbe a dire anni dopo "Solo tre persone sono riuscite a zittire il Maracanã con un gesto: Frank Sinatra, il Papa e io".
Con questo risultato l'Uruguay è campione. il Brasile è una bestia ferita e impazzita, 10 uomini in area Celeste. E Varela urla come un forsennato, (la leggende dice che lo si sente fin da fuori il colossale impianto), dirige la difesa, prende a sberle i suoi. Fino al fischio finale che laurea l'Uruguay campione del mondo per la seconda volta.


L'Uruguay fu sfollato a forza dal campo, il Maracanà non aveva transenne nè reti di protezione, e i giocatori vennero immediatamente messi su un aereo per Montevideo. Nel tragitto Ghiggia venne raggiunto e gliene diedero talmente tante che fu costretto in stampelle per quasi un anno.
Quel giorno è ricordato come "Maracanaço", il disastro del Maracanà.
La Seleçao cambio la maglia, passando dal completo bianco ad una strana maglia azzurra, che fu la divisa ufficiale fino al 1954, quando adottò definitivamente l'attuale divisa con maglia oro e pantaloncini blu.
Ary Barroso, il musicista-giornalista che aveva commentato la partita per la radio lasciò il giornalismo e non commentò mai più una partita di calcio.
Flàvio Costa, l'allenatore del Brasile, fuggì in Portogallo dopo aver ricevuto minacce di morte, e non ritornò fino al 1955, quando si risedette sulla panchina del Flamengo e della Seleçao.
Il portiere Barbosa fu additato per il resto della sua vita come responsabile della disfatta, morì per un attacco cardiaco a settantanove anni, dopo aver trascorso il resto della sua esistenza nell'indifferenza generale.
Nel 1955 il difensore brasiliano Danilo, che non aveva mai superato il trauma del Maracanaço e da 5 anni viveva affetto da grave depressione, tentò il suicidio.
Juan Alberto Schiaffino disse: "Eravamo felici e imbarazzati, allegri e commossi. Mai avevamo visto, né avremmo visto, un popolo soffrire in quel modo. Sentivamo, appena, qualche singhiozzo. L'atmosfera era da film. Da film del terrore".


Osvaldo Soriano, nel suo bellissimo "Fùtbol" racconta un'altra storia:
"Quella notte Obdulio non lascia Rio. Si confonde fra i tanti brasiliani che prendono d’assalto, disperati, i tanti bar della città. Beve con loro, ne condivide l’amarezza. E’ una strana notte di gioia e lacrime, che racconta con queste parole: “Il proprietario del bar si è avvicinato a noi insieme a quel tizio grande e grosso che piangeva. Gli ha detto: – Lo sa chi è questo qui? E’ Obdulio – . Io ho pensato che il tizio mi avrebbe ammazzato. Ma mi ha guardato, mi ha abbracciato e ha continuato a piangere. Subito dopo mi ha detto: – Obdulio, accetta di venire a bere un bicchiere con noi? Vogliamo dimenticare, capisce? Come potevo dirgli di no? Abbiamo passato tutta la notte a sbevazzare da un bar all’altro"

Obdulio Varela non si vantò mai di quanto fatto. Le poche volte che parlava di quello che era successo quel giorno, diceva: «Gli abbiamo rovinato la festa, non ne avevamo il diritto e, se rigiocassimo cento volte, perderemmo tutte e cento».

mercoledì, giugno 30, 2010

Matt Piucci su Retrophobic!

"Una cellula impazzita nel bel mezzo degli anni 80: questo fu il cosiddetto Paisley Underground, fenomeno che prese piede attorno alla metà dl decennio negli Stati Uniti. Dopo la sbronza mai smaltita del punk, e in mezzo ad una produzione musicale mainstream sempre più algida e lontana dal loro sentire, un gruppo di "padri pellegrini" delle sonorità "autentiche", salparono dale coste della California per portare il loro sfaccettato suono in giro per il mondo. Il Paisley Underground fu un movimento veramente "indie", molto difficile da classificare (le band coinvolte nella "scena" hanno tra loro suoni diversissimi, e non sono assimilabili l'una all'altra), temerario e con una "crosta" Punk che l'ha reso speciale. I musicisti Paisley guardavano al passato, agli anni 60, alle sperimentazioni soniche dei Velvet Undeground, al garage del Northwest, alle ruvidezze degli Stooges e alla profumata psichedelia dei Byrds..."
Da Retrophobic.com

Una bella intervista a Matt Piucci, chitarra e voce dei Rain Parade, che parla del paisley underground, dei Rain Parade, dei suoi progetti con Neil Young...
Leggete qui l'intervista.
Retrophobic sempre più imprescindibile.

martedì, giugno 29, 2010

80's colours !!


E' il titolo del nuovo libro di Roberto Calabrò, che mi propongo di reperire al più presto perchè a detta di tutti è già un fondamentale.
Oggi è su repubblica.it, con una galleria fotografica di presentazione nella quale ci sono 2 bellissime foto di Tony con i Not Moving e Ursus con i No Strange!

Da vedere assolutamente!

sabato, giugno 26, 2010

Tristi, solitari y giustiziati.


"Gli italiani perdono
le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio." - Winston Churchill



Che botta la nostra piccola e infame Nazionale degli ex campioni del mondo! Ma la cosa sorprendente è la reazione popolare: nulla. Ad aspettare i giocatori c'erano 7 persone in tutto, probabilmente in aeroporto sulla strada per le vacanze. Il che vuol dire una cosa sola, che nel nostro paese regna la rassegnazione. La sensazione di incubo che Montolivo ha desritto ai cronisti. Quella che ogni tanto si fa sentire per le strade, in Italia. Quel "ma dove cazzo stiamo andando a finire?" che sono sicuro che anche voi di tanto in tanto provate. La fastidiosa sensazione di essere in un sogno assurdo da maldigestione. Si cambia modulo in campo 3 volte in una partita, si cambia la legge elettorale prima di una elezione. Una serie di senatori azzuri regna sovrana nello spogliatoio senza tollerare intromissioni, una serie di figuri grigi ha occupato le aule parlamentari (intendo l'emiciclo completo) per i loro porci comodi. Due Dominus supremi, infastiditi ed arroganti, prendono a martellate qualsiasi cosa non sia di loro gradimento o dalla quale non percepiscono possibilità di sfruttamento immediato. Giovani scienziati che lasciano il paese e dall'estero ridono amaro, giovani calciatori matti e belli come cavalli selvaggi lasciati nel paese a ridere amaro. Il tollerare l'intollerabile quatidianamente mentre ti dicono di non farla lunga, che è giusto così. L'arrivare vicino a crederci, e subito dopo il meritato frontale con la realtà. Non c'è spazio più spazio per le strette di mano del dopo-parita e neanche per il "pursuit of happiness", che poi è l'oppio dei popoli anche quello, ma almeno ce la vediamo. Qui siamo tutti nichilisti, edonisti anedonici, non abbiamo tempo per sorridere. Qui siamo in Italia e stiamo combattendo duro contro la realtà, stiamo quadrando il cerchio, non abbiamo tempo per i convenevoli, che non servono a niente e tanto poi te la metto nel culo, mica meglio se la facciamo breve?
Churchill aveva ragione.

venerdì, giugno 25, 2010

Ciao Pete.

Suonava con Dave Davies, e dopo l'arrivo di Ray e Mick Avory, appena silurato da un provino con gli Stones, si trovò ad essere il bassista della più potente e meravigliosa band d'Inghilterra dei 60's, i Kinks.
Dal '64 al '69, con una interruzione nel '66 quando un brutto incidente d'auto lo mise KO per un po', fu il motore del gruppo che sfornava singoli e album eccelsi a raffica.
Nel 1996 ad un altro Pete a 4 corde (il Who Entwistle) venne chiesto quale fosse il suo bassista preferito, ed egli disse Quaife.
Rottosi le palle del fatto che Ray Davies non voleva fare concerti (ed alcuni dicono anche rottosi le palle di guidare i Kinks da solo - Ray Davies, Dave Davies e Mick Avory si prendevano frequentemente e fraternamente a cazzoti tra loro) nel 1969 se ne andò dalla band e si stabilì in Canada.
Se n'è andato ieri sera, stroncato dall'insufficienza renale che combatteva da 12 anni.
Ciao Pete, noi non ti dimenticheremo mai.

giovedì, giugno 17, 2010

F**k you everyone - live in Liverpool. (2010)

Di tutto il nostro primo disco, per me questa è la canzone centrale. Per tanti perchè, dall' incedere honky tonk assolutamente fuori moda, fino ad arrivare al titolo. Nel post precedente avevo detto che quest'anno a Liverpool ne avevamo fatto una bella versione: eccola qui!

domenica, giugno 13, 2010

Temponauts @ I.P.O. Liverpool 2010 - La Fotocronaca!





rockit.it/news/i-temponauts-tornano-a-liverpool

2008, 2009 e 2010. Ormai la tappa primaverile a Liverpool è diventata una bella consuetudine per la banda Temponauts. Per la 3° spedizione sul Mersey ci schieriamo con la line-up d'esordio, dell'ormai lontano 2005. Per intenderci quella del nostro primo 4 canzoni, "the Temponauts"
Eccoci all'aeroporto, mentre procediamo in ordine sparso verso il decollo, in una foto che vai a capire come, sembra di epoca 1983-1984. Troppo paisley underground.

E' venerdì 28 maggio, l'indomani avremo subito 2 concerti, il primo dei quali al Cavern pub a mezzogiorno. Una briefing per fare luce sugli ultimi dubbi residui.

E dopo un volo e una notte tranquilli, la bella Liverpool ci accoglie il sabato mattina con la maglia ufficiale: vento tipo Bora e pioggia, temperatura 8° C.
Ma noi Temponauts, che siamo per definizione inarrestabili, irrevocabili e insonnoliti, alle 11.30 am siamo già al n° 12 di Mathew Street, dove una ripida scala ci porta nel Cavern Pub. E' questo un bel pub, piccolo e molto accogliente, con la statua di John Lennon a fare la guardia in cima alla scala, in strada.


Appesi al muro ci sono foto di Ringo Starr & Paul McCartney, c'è un basso Hofner violin e una Rickenbacker 325 (indovinate un po' a chi appartenevano!) e altra memorabilia. Avendo già suonato al Beaconsfield, al Lennon's Bar, sui due palchi del Cavern Club, questo è il quinto palco differente sul quale saliamo a Liverpool, per un totale (a fine della spedizione 2010) di 7 concerti. Il che non è male per una banda della Valtidone. Ci accoglie il fonico, con su una T-shirt dei Butthole Surfers e l'inglese di Liverpool tra i denti. Solo per capire che mi stava chiedendo quale doveva essere il microfono della voce solista ci ho messo 5 minuti buoni. Probabilmente Gluck dello Squadrone Avvoltoi era di Liverpool, o al massimo del Wirral.
E poi cominciamo, e tanto per andare sul sicuro iniziamo con una canzone inedita assoluta.

I need Understanding! Partiamo bene, con la canzone che aprirà il disco al quale stiamo attualmente lavorando. Il suono è potente, chitarre e voci ok. Ma. Il fonico ci chiede di abbassare le chitarre e il basso (sbagliando di brutto, e le registrazioni video mi daranno conforto) e da lì in avanti sarà il classico, divertente, disperato rincorrersi con i volumi fino all'ultima canzone.


Intanto è mezzogiorno, la gente al bar beve tranquillamente dei bei birroni corposi e apprezza la band. Perchè a Liverpool c'è gente ad ascoltarti a mezzogiorno, a mezzanotte, alle 9 di sera e alle 3 di pomeriggio. Nel frattempo arrivano i Waistcoast, che suoneranno dopo di noi, e i June, ormai nostri storici compari di avventure UK. Verso la 3° canzone ormai sono quasi sveglio anch'io.


E si arriva così alla fine del set, con "That's how strong my love is"!



E conclusa la matinèe si va a pranzo. E poi in giro per Liverpool, che è sempre un gran bel posto, c'è anche il mare (e il fiume, e l'oceano). E c'è sempre anche l'isola di Man, a un niente dalla città. E il Tourist Trophy è in pieno svolgimento...ma il mare è agitato, è uscito un po' di sole e c'è vento forte. Vabè, non ci vado.



Qui sotto io sembro Rocky III quando prese botte da Dio da Mr.T


L'ora del prossimo concerto piano piano si avvicina. E dopo aver visto concerti/fumato 1 milione di sigarette/"qualche" (attenzione: eufemismo!) birra, viene sera e ci ridirigiamo al Cavern Quarter dove i June stanno per suonare. Invece quando arriviamo troviamo sul palco una banda di spagnoli che non riescono a far funzionare una tastiera. Sala piena, siamo nel palco "moderno", sugli shermi agli angoli della sala scorrono filmati in bianco e nero dei Beatles, dei Kinks, degli Animals e degli Stones impeganti a suonare nel locale. Bè!
Intanto gli spagnoli hanno scoperto il problema: avevano il volume generale della tastiera spento...si è accumulato un po' di ritardo sulla tabella di marcia. Poi suonano un concerto di merda davvero, il primo concerto di merda che ho visto a queste latitudini in 3 anni. Ma meno male che arrivano i June. Ormai funzionano come orologi, Chris e White hanno i cori più belli sulla piazza del giorno d'oggi, le canzoni sono a volte scoppiettanti, a volte travolgenti, mentre le nuove, quelle per il loro imminente nuovo disco, hanno un incedere ipnotico e inquietante. Mi hanno messo a posto, i June.
Mentre i famigerati Mellowmen (vedi report dell'anno scorso...) salgono sul palco, noi ci dirigiamo nel camerino, nel backstage, dove veniamo raggiunti da Jeremy Morris, che ci carica per bene, ci dà il suo nuovo cd (splendido! IL jangle pop americano, punto) e ci parla degli Stone Roses, degli USA e di Cristo. Il tempo di legare alla chitarra il foulard dell'Inter (perchè siamo Campioni d'Europa) e via, fuori sul palco. Presentazione di David Bash e siamo già in azione. Come sempre su quel palco il suono è ottimo, capirai. Una attimo prima di entrare in camerino guardavo il video del ritorno al Cavern di McCartney, (non ho capito se del '99 o del 2002) con alla chitarra un certo Gilmour. Erano proprio lì su quel palco. Dunque.


Il suono bello, tanta gente, tanti flash. E un caldo feroce, siamo 7/8 metri sotto terra, e un'umidità da muri bagnati. Chissà che füméra qui dentro, quando non era ancora scattato il No Smoke! Ma ecco subito il video di "I need understanding", la canzone inedita che vi dicevo prima, che rende bene l'idea.




A questo punto ci saranno stati 45 gradi, sul palco! Ecco i protagonoisti faccia per faccia (notare Pablo versione mani-nei-capelli







E il microclima torrido ha infuocato le canzoni! Ecco una "Not in the Morning" perfettamente...a fuoco. Altro che garage glam coi lustrini, tracolle leopardate e tutte le stronzate tipo il Festival Beat. Questo è New York punk, quadrato, infame e stupido come un sasso. Al Cavern Club, di Liverpool. Ah, che meraviglia.



E dopo aver picchiato come fabbri siamo rientrati nel reame del paisley, con una bella "Fuck you everyone", che avrebbe davvero meritato di essere messa qui. Ma ho appena sputtanato il mio editor video, sembra una cosa piuttosto irreparabile, per cui niente.
Improvvisa e raggelante ci giunge la notizia che (grazie ai poseur spagnoli e alla loro tastiera) i concerti durano 5 minuti in meno. C'è da fare un taglio, la mannaia è inesorabile. Già che ci siamo prediligiamo la roba forte e in un attimo siamo ai saluti. E, devo dire la verità, ho percezione di aver tirato una bella botta! Appena giù dal palco ci strizziamo i vestiti e arriva in camerino uno spagnolo sbronzissimo che vuole il nostro basso "per fare delle foto sul palco storico". Pablo va in avanscoperta, lui è madrelingua spagnolo, ma in seguito si scopre che quello che dovrebbe suonare il basso 1- non si regge in piedi; 2- è mancino. Quindi vaffanculo. Nel frattempo arrivano in camerino i Len Price 3, che di lì a 5 minuti tireranno giù tutto con un concerto strepitoso.
Riemergo su Mathew Street dove la polizia sta ammanettando una tizia sbronza tipo Bukowski (sarà liberata pochi minuti dopo, chissà cosa aveva combinato). E dopo un po' di su e giù per le scale del Cavern verso le 3, dirò le 3 perchè non mi ricordo più l'ora precisa, si rientra in albergo.


Ma!
Ho scambiato il palazzo del Comune di Liverpool per l'Adelphi hotel. Mica male per essere il terzo anno che vado avanti indietro chitarra alla mano per queste strade. Deviazione e via a letto? Neanche per idea! Tappa al Chicken Bazooka per un bel paninone benzodiazepinico. E più o meno alle 5 (forse) si chiude la giornata iniziata al Cavern Pub con un concerto di mezzogiorno. Ecco una spaventosa testimonianza dal pianerottolo del quarto piano del Britannia Adelphi, domenica alle prime luci dell'alba.


Domenica è nuvoloso, ma non piove e non c'è vento. Con queste condizioni di tempo i temibili f.d.p. volanti tornano ad essere i padroni della città, puntando i poveretti che si avventurano per le strade per riversagli addosso il loro pericoloso contenuto intestinale.

Questo qui ha quasi centrato me e Simone con una raffica di tre cacche di 20 cm di diametro al suolo ciascuna. E quando ha visto che lo fotografavo si è girato e mi ha guardato incazzato di brutto, al che io sono scappato via.

E dopo aver girato tutto il giorno (io sempre con un occhio al cielo), è già ora di andarsene all'aeroporto, che invece di un nome del cazzo tipo "aeroporto città di Milano", si chiama "John Lennon International Airport" e ha pure il sottotilo "Above us only sky". E già da questo uno capisce tante cose...

Vabè, è andata anche per quest'anno. Siamo davvero alla fine della spedizione. Riassumo tutto in una parola? Figata. Và che facce da rientro in Itaglia...


E adesso che cacchio facciamo? Un disco nuovo! che deve essere almeno bello come A Million Year Picnic, che ormai ha 2 anni e un po'. Lo stiamo già registrando e s'intitolerà "the Canticle of the Elsewhere". Oltre alla già citata "I need understanding" vi anticipo un paio di canzoni, quali "the Couch on the abyss", "While you were sleeping", "the impostors" e quella che è già la mia favorita "the night of the bloody Nunchakos".
E questo blog è inaspettatamente tornato a vivere! Quindi un bel disco nuovo e un bel blog-zombie.